Le Banche centrali hanno assunto un ruolo sempre più ingente nella vita dei mercati azionari: ecco in cosa consiste il loro intervento e quali sono gli scenari economici ipotetici.
Dall’importante crisi del 2008 in poi, il ruolo delle Banche centrali nel mercato finanziario si è sempre più ampliato, con conseguenze sia sui mercati stessi che sulle scelte dei risparmiatori e investitori. Rispetto a prima, infatti, le Banche centrali hanno spinto i tassi di riferimento in territorio negativo: cosa significa? Il tasso di riferimento è uno strumento utilizzato per definire il costo dei prestiti bancari a breve termine: più è basso più l’attività economia è in espansione, perché permette alle aziende finanziamenti a costi contenuti. In questo momento, la Bce ha stabilito il tasso più basso di sempre, al 0,5%, circostanza inedita. Inoltre, le banche centrali ormai intervengono direttamente sui mercati finanziari, acquistando titoli tramite il Qe (cioè il Quantitative easing, uno strumento per influenzare i tassi a breve termini e i rendimenti obbligazionari a medio-lungo termine).
Quindi per più dell’ultimo decennio le politiche economiche sono state estremamente espansive: più denaro circola, più aumenta la crescita, ma contemporaneamente maggiore è anche l’inflazione. Gli ultimi anni però, incredibilmente, sono stati caratterizzati da una situazione molto controllata, nonostante l’intervento delle banche centrali sull’economia.
Le cose sembrano stare cambiando, all’inaugurazione del nuovo anno, rispetto alla precedente situazione di eccezionalità. Si assiste a un ritorno di tassi inflattivi più sostenuti, e dunque si staglia un bivio: da un lato il sostegno alla crescita economia significa anche una crescita esponenziale dei prezzi; dall’altro lato, però, il controllo dell’inflazione potrebbe avere conseguenze molto negative per l’attività economica. Se i prezzi dovessero continuare a rimanere così alti a causa dell’inflazione, le Banche centrali potrebbero non essere in grado di intervenire molto. Per questo motivo la Bce ha programmato un percorso di rientro per il 2022, diminuendo l’acquisto di titoli fino all’interruzione nel 2023. Invece sul fronte tassi di riferimento, non sono previsti rialzi, al fine di tutelare la politica monetaria espansiva.
Sono quattro i possibili scenari che si profilano, a questo punto. Nella prospettiva più ottimista, si ipotizza un calo dell’inflazione e una crescita sostanziosa: si ritornerebbe alla normalità. In un altro scenario, a un calo dell’inflazione corrisponderebbe una crescita economica piuttosto debole:la Bce in questo caso tornerebbe ad acquistare titoli. Una terza prospettiva è quella di una inflazione sostenuta, a fronte di un altrettanto sostenuta crescita economica: la Bce dovrebbe cessare le politiche monetarie espansive. Infine, se l’inflazione rimanesse sostenuta senza crescita economica, la Bce sarebbe in forte difficoltà, in bilico tra la riduzione delle pressioni sui prezzi e il sostentamento dell’attività economica.
Fonte: ilsole24ore.com