I risicati spazi di finanza pubblica disponibili impongono al nuovo governo di ancorare la riforma previdenziale a un orizzonte di legislatura e di adottare per il 2023 soltanto un ristretto pacchetto di interventi. «Rinnoveremo le misure in scadenza a fine anno», ha detto Meloni alla Camera senza chiarire però se la proroga riguarderà anche Quota 102.
Gli spazi di finanza pubblica sono a dir poco risicati. E sulle pensioni la via è di fatto obbligata, anche perché nel 2003 è attesa un’impennata della spesa di quasi 24 miliardi a causa dell’appesantirsi dei costi per l’adeguamento degli assegni previdenziali alla corsa dell’inflazione. Si riparte dal prolungamento di Ape sociale e Opzione donna. Giorgia Meloni nel suo discorso programmatico alle Camere lo ha detto chiaramente. Resta da capire se del «rinnovo delle misure in scadenza a fine anno», indicato dal nuovo premier, fa parte anche Quota 102, ed eventualmente in che modo. La partita nella maggioranza, e tra l’esecutivo e i sindacati, in attesa di allestire nel corso della legislatura una vera riforma previdenziale, si gioca proprio su questo punto. Con Matteo Salvini che insiste per inserire in una Quota 102 rivista un primo assaggio di Quota 41 aprendo la strada ad un mix, appunto, di 41 anni di versamenti e 61 (o 62) anni d’età. C’è poi anche l’ipotesi di una Quota 102 con requisiti flessibili, che potrebbe essere valutata dai tecnici del ministero del Lavoro, guidato ora da Marina Calderone.
Meloni: flessibilità in uscita partendo dal rinnovo delle misure in scadenza
L’orizzonte per realizzare la riforma previdenziale targata centrodestra diventa quello dell’intera legislatura. Per il prossimo anno le risorse sono poche e la priorità per il nuovo governo è puntellare imprese e famiglie contro il caro bollette. Meloni nel suo discorso programmatico a Montecitorio lo ha lasciato capire in modo chiaro. Ma questo non significa che l’esecutivo, dopo lo stop di Quota 102 a fine anno, voglia tornare alla legge Fornero in versione integrale. Un pacchetto ristretto di misure pensionistiche sarà adottato con la manovra in arrivo a metà novembre 2022. Intendiamo facilitare la flessibilità in uscita con meccanismi compatibili con la tenuta del sistema previdenziale, partendo, nel poco tempo a disposizione per la prossima legge di bilancio, dal rinnovo delle misure in scadenza a fine anno, ha detto il nuovo premier.
Opzione donna e Ape sociale anche nel 2023
Meloni ha di fatto confermato che anche nel 2023 saranno utilizzabili Ape sociale e Opzione donna: la possibilità di uscita per le lavoratrici con 58 anni (59 se “autonome”) e 35 di contribuzione e il ricalcolo contributivo dell’assegno. La proroga di questi due strumenti in scadenza dovrebbe essere annuale, anche se il governo punta a rendere strutturale Opzione donna.
Anche la Lega considera Quota 41 non più un obiettivo immediato ma di legislatura
Matteo Salvini ha capito che l’attuale stato dei conti pubblici non consente l’adozione immediata di Quota 41, uno dei cavalli di battaglia del Carroccio. Secondo le stime dell’Inps questa misura costerebbe oltre 4 miliardi il primo anno per salire fino a quasi 10 miliardi a regime. Un peso non sopportabile dall’attuale bilancio pubblico. Ma la Lega non demorde del tutto e insiste per ottenere almeno un assaggio di Quota 41 nel 2023 vincolandola a una soglia anagrafica. Il responsabile lavoro del Carroccio, Claudio Durigon, ha già presentato al Senato una proposta di legge per superare la legge Fornero introducendo la possibilità di uscita con almeno 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica (Quota 41). Ma lo stesso Durigon ha tenuto a precisare che non è un punto di partenza ma un punto di arrivo, un obiettivo da raggiungere nei 5 anni di legislatura.
La partita su Quota 102
Meloni non ha chiarito se tra le misure in scadenza a fine anno che il governo intende rinnovare c’è anche Quota 102: la via d’uscita con 64 anni d’età e 38 di versamenti introdotta solo per quest’anno dall’esecutivo Draghi. Ed è proprio su questo punto che si giocherà la partita nella maggioranza e tra l’esecutivo e i sindacati, che il neo-ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha già annunciato di voler convocare in tempi brevissimi. La soluzione più indolore, in attesa di una vera riforma, sarebbe prorogare di un anno anche Quota 102, visto che questo “strumento” costa poche centinaia di milioni anche per il suo non elevato “appeal”: alla fine di quest’anno le uscite dovrebbero essere non più di 10mila. Ma la Lega punta a inserire nella “Quota” almeno il vincolo del 41 anni di contribuzione
L’ipotesi Quota 102 «rivista»
Il Carroccio spinge per un sostanziale restyling di Quota 102, che nel 2023 verrebbe modellata su 61 (o 62) anni d’età e 41 anni di contributi, posando così una sorta di prima pietra lungo il percorso da realizzare per arrivare a Quota 41 “secca” (senza vincoli anagrafici). Una soluzione che non avrebbe costi eccessivi (dai 600 agli 850 milioni) e che potrebbe trasformarsi in un punto di compromesso nella maggioranza. Ma nel centrodestra c’è anche chi guarda a una Quota 102 flessibile nel mix di requisiti anagrafici e contributivi partendo da una soglia minima d’età di 61-61 anni. In questo caso i costi salirebbero ma questo meccanismo garantirebbe subito maggiore flessibilità in uscita.
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