La proroga fino al 2026
La legge di conversione del decreto Milleproroghe ha portato alcune novità sul fronte pensionistico. Tra queste, c’è quella che riguarda l’Isopensione «Fornero» che sarà possibile utilizzare fino al 30 novembre 2026 – per una durata massima di 7 anni – nelle aziende interessate da eccedenze di personale. L’estensione da 7 anni invece di 4 dalla cessazione del rapporto di lavoro per raggiungere i requisiti minimi per la pensione doveva scadere alla fine del 2023. Con l’articolo 9, comma 5-bis introdotto al Senato nella legge di conversione del decreto e dunque la proroga aumenta la platea dei lavoratori che si possono accompagnare alla pensione, ma i datori di lavoro devono sostenere un costo oneroso. In soldoni, l’azienda anticipa al lavoratore che lascia l’impiego la pensione maturata fino al momento dell’esodo e questo fino alla reale maturazione dei requisiti per il primo trattamento pensionistico ordinario. Vediamo come funziona.
Cos’è l’isopensione?
L’isopensione, detta anche assegno di esodo, è uno strumento di uscita dal lavoro introdotto nel 2012 dall’art. 4 della legge Fornero e che permetteva ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti, in caso di eccedenza di personale, di stipulare accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative con il fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani cui mancassero al massimo 4 anni al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata (ovvero 67 anni di età o 41 anni e 10 mesi per la pensione anticipata). Questo, fino al 2018, quando i 4 anni sono stati ampliati a 7 con termine prima al 2020 e poi al 31 dicembre 2023. Con l’ok contenuto nel Milleproroghe, lo strumento ampliato allunga la sua vita di altri tre anni: come detto, fino al 2026. L’isopensione prevede l’onere dell’uscita a totale carico dell’azienda esodante che, in sostanza, si impegna a versare all’Inps sia le somme per l’assegno sostitutivo della pensione (assegno di esodo) tramite l’istituto, sia la contribuzione correlata. Durante il periodo dell’isopensione, il lavoratore percepisce un assegno sostitutivo della pensione e della relativa contribuzione fino alla maturazione dei requisiti minimi (ma anche anagrafici) alla pensione di vecchiaia o anticipata. Di fatto, non si parla di pensione, ma di una forma, appunto, di prepensionamento, che compensa il lavoratore dello stipendio “perso” dall’interruzione del rapporto di lavoro fino al raggiungimento della pensione.
Come funziona
L’accordo di esodo siglato con i sindacati deve avere l’autorizzazione dall’Inps, che valuta i requisiti contributivi del dipendente e la dimensione dell’azienda. E’ richiesta anche una fidejussione che garantisca la solvibilità dell’impegno finanziario preso nei confronti del lavoratore. L’assegno dell’isopensione corrisponde all’importo del trattamento che spetta al lavoratore secondo le regole vigenti, ovviamente in base alla contribuzione versata sino al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Da questo computo è esclusa la contribuzione correlata che il datore di lavoro si impegna a versare per il periodo di esodo.
Importante: l’assegno di esodo non gode della perequazione automatica all’indice Istat e non permette trattenute come nel caso di riscatti e ricongiunzioni o per la cessione del quinto.
Chi ne ha diritto e qual è l’iter
Come detto, lo strumento dell’isopensione può essere utilizzato solo da aziende con più di 15 dipendenti con l’obittivo di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani in caso di eccedenza del personale. Per farlo, il datore di lavoro deve stipulare accordi con i sindacati ai quali i lavoratori coinvolti aderiscono, accettando consensualmente la fine del rapporto di lavoro. L’assegno viene erogato fino al raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione di vecchiaia o per quella anticipata. La prestazione di esodo non viene trasformata automaticamente in pensione. Di conseguenza, l’interessato ha l’onere di presentare in tempo utile la domanda di pensione all’Istituto.
Gli obblighi del datore di lavoro verso l’Inps
Ogni mese il datore di lavoro deve versare la provvista per la prestazione dell’isopensione; la provvista per la contribuzione figurativa; e predisporre a garanzia del debito una fidejussione bancaria, da allegare alla domanda che viene inviata telematicamente all’Inps (la fidejussione non serve se l’azienda versa la provvista in unica soluzione). Se il datore non adempie agli obblighi, l’Inps emette un avviso e dopo 180 giorni riscuote coattivamente il credito.
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